Sinossi

Anno 1845. In una Firenze apparentemente tranquilla e liberale un uomo, dal passato anonimo, cerca il riscatto e la considerazione dell’umanità attraverso il crimine e l’odio. Ma, talvolta, gli atti umani vengono letti in modo diverso a seconda del punto di vista dal quale si osservano e non sempre tali azioni sono pienamente attribuibili alla volontà di chi le compie… “Al contrario degli altri però, lui si arrogava l’unicità di non avere la presunzione e la pretesa di conoscere la “verità”. Per questo odiava i predicatori e tutti coloro che li ascoltavano a bocca aperta, con aria ebete, convincendosi che ogni cosa che dicevano avesse un’origine divina, un sigillo di santità. Ma odiava anche gli anticlericali e i rivoluzionari, che sobillavano i tranquilli e i deboli, facendo loro credere di essere di tutt’altra pasta e che, alla fine, ne facevano solo dei poveri succubi, dei martiri annunciati.”

Tratto dal libro...

Era da un po’ che si guardava allo specchio. Sembrava una femmina vanitosa che non può fare a meno di rimirarsi. Solo un piccolo dettaglio era abbastanza diverso dalla vanità muliebre. Lui non faceva altro che cercare i tratti della sua bruttezza. Certo non si poteva dire un bell’uomo. Non era né alto né giovane. Non aveva un volto particolare, di quelli che fanno dire alle donne: “Non è bello ma è un tipo!”
Direi che fosse una persona anonima, sia nell’aspetto che nella riuscita della sua vita. E lui, in quell’immagine riflessa allo specchio, vedeva il complesso della sua bruttezza, ma forse sarebbe più opportuno parlare di vacuità.
Un’idea maturava da tempo, lentamente, nella sua testa. Un po’ come quei sughi che, quando era bambino, sua madre usava preparare per le feste. Di quelli che cuocevano per ore ed ore a fuoco lento e per i quali occorreva dedizione e pazienza. Fu però in quel momento, dopo essersi rimirato ed essersi dichiarato tutta la propria bruttezza, che si disse pronto. Doveva riscattare il senso di completa nullità che si tirava dietro da sempre e mostrare, finalmente, a tutta la gente, quanto egli valesse e quanto fossero stati sconsiderati a sottovalutarne le capacità. Avrebbe finalmente fatto parlare di sé tutto il Paese.
Aveva deciso, in quel preciso momento, di divenire un criminale seriale. Gli uomini avrebbero ragionato delle sue gesta nei caffè fumosi, intrattenendosi sui particolari più scabrosi ed efferati delle sue azioni. Le donne avrebbero cominciato a odiarlo, a temerlo o ad ammirarlo per l’intelligenza e la crudeltà diabolica che attraggono da sempre, morbosamente, l’universo femminile. Comunque fosse, non sarebbe mai più stato per nessuno un essere insignificante. La cosa strana è che non si chiese mai perché tale decisione scattò in quell’attimo preciso e perché lo avesse fatto con la stessa enfasi con cui si dà inizio a un mestiere per cui si è a lungo studiato e con una faciloneria e spregiudicatezza maggiore di quella che usava per scegliere una camicia da indossare. Decise così, d’improvviso, che sarebbe stato uno di quegli assassini che la polizia non riesce mai a snidare né a prendere, una spina nel fianco delle istituzioni e della massa. Era consapevole di essere stato, fino a quel momento, un uomo brutto e mediocre, ma lo era ancor più che da allora sarebbe divenuto il più spietato, malvagio, abile e imprendibile, criminale. Ne era convinto perché riteneva di possedere un’intelligenza di gran lunga superiore alla media. In realtà il suo cervello non era dotato di un particolare intelletto. Aveva la sola peculiarità di memorizzare facilmente tutto ciò che vedeva e sentiva e si era reso conto che tale capacità aumentava di volta in volta che accresceva la mole di cose da immagazzinare nella mente. Questo e la considerazione esagerata del suo grado intellettivo, lo convinsero che poteva facilmente gabbare i poliziotti, da lui ritenuti ignoranti, goffi e alquanto stupidi.
Era il 2 Ottobre 1845, un giovedì freddo e nebbioso. Erano le diciannove passate da pochi minuti quando indossò il mantello e la tuba e, dandosi un’ultima occhiata allo specchio, uscì dal portone. Il vicolo era vuoto, il freddo pungente e un gelido vento di tramontana spirava sulla città. Temette che potesse spazzare via la nebbia che lo avrebbe sicuramente agevolato nel suo primo atto di notorietà e decise di tagliare per via dei Cimatori. Una coppia ben vestita lo incrociò proprio all’angolo, ma erano troppo intenti a confabulare fra loro per notarlo.