“Mario, non perderti per la strada come al solito, alle una si pranza!”
Gli intimò sua madre con le mani sui fianchi, come se quel gesto desse forza alle sue parole. Lui ormai sfrecciava veloce sulla sua bici rossa fiammante. Cambiò più volte rapporto per prendere il massimo della velocità in quella discesa che da casa portava verso il piazzale di Porta Romana. Dieci minuti e sarebbe arrivato a casa di Giulia. Pedalava come un forsennato percorrendo il viale dei Colli, tenendosi quasi sdraiato in avanti per tagliare meglio l’aria ed andare sempre più forte. Non notava certo il paesaggio della sua Firenze già assolata, che gli scorreva attorno in quel mattino di luglio. Non si curava certo della campana di una chiesa che batteva, con monotonia melodica, le dieci. Nei suoi occhi, nella sua mente e in tutti i suoi sensi in quel momento c’era solo Giulia, con il volto sorridente e quel dolce profumo di vaniglia.
C’era Giulia con il vestitino azzurro, corto e scollato come piaceva tanto a lui.Come avrebbe potuto, quel sedicenne innamorato nel cuore e nell’anima, pensare ad altro se non a Giulia, ai suoi lunghi capelli castani, a quel volto così perfetto e semplice, a quelle labbra che erano la meta fissa di ogni suo bacio?
La bici sembrava prendere da sola le curve quasi fosse un elemento autonomo. Lui sembrava esserne solo il motore, potente, veloce, sbuffante. Fu forse colpa di una buca o forse di una maledetta distrazione, o forse fu solo il destino che aveva deciso quell’insieme di eventi, che invase la corsia opposta in una curva stretta, che conosceva come le sue tasche. In senso contrario arrivava una Volkswagen bianca. Alla guida un tedesco di una quarantina d’anni, biondo, robusto e pacioso, gli occhi celesti e una faccia simpatica. La moglie, seduta al suo fianco, lo guidava, lungo la strada che li avrebbe portati al piazzale Michelangelo, seguendo una piantina della città. Dietro, le due loro figlie cantavano a squarciagola una filastrocca per bambini.In un attimo tutto cambiò. Ci fu un colpo sordo, una frenata tardiva quanto inutile, uno sferragliare e poi un nuovo tonfo dietro di loro. I tedeschi non capirono subito. Solo l’uomo si rese conto che qualcosa aveva colpito il cofano della macchina per volare sopra e sparire alla sua vista. La moglie gli chiese cosa fosse successo, le bambine si erano zittite di colpo. Lui guardò dai retrovisori esterni, poi da quello interno, ma non vide niente. Aprì la portiera e scese. Le gambe gli tremavano. Sperava di essersi sbagliato.